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Separarsi o restare assieme? Cos’è meglio per i figli?

Psicologo Pordenone Maurizio Sgambati
Psicologo Pordenone Maurizio Sgambati

Decidere se separarsi o rimanere in un matrimonio infelice è una scelta difficile che un genitore si trova a dover fare. Malgrado le iniziali buone di formare una famiglia felice capita che col tempo una coppia vada in crisi e che l’unione diventi tesa e conflittuale. 

Che fare? Separazione e divorzio hanno certamente un impatto negativo sui figli anche se ciò non è dovuto primariamente al rottura ed al distacco tra i genitori ma soprattutto alle tensioni che precedono la separazione. 

Il conflitto tra i coniugi rappresenta un trauma per i bambini quando è frequente ed acceso ovvero quando vi sono aggressioni fisiche e/o verbali con offese, insulti e grida.

Anche il silenzio, la mancanza di comunicazione, di intesa e calore tra i partner, il broncio portato a lungo ed i piccoli dispetti possono dare al bambino la sensazione spiacevole di permanente tensione e conflitto irrisolto.

Generalmente una coppia di genitori cerca di giocarsi tutte le possibilità per rimanere assieme per il bene dei figli ed evitare di arrecare loro disagio tuttavia portare avanti un’ unione infelice, soprattutto se velatamente conflittuale, può fare più danni che un divorzio palese. 

Un clima familiare privo di intesa e calore, in cui tensione e conflitto rappresentano la norma, nuoce alla relazione genitore-figlio poiché le loro interazioni saranno inevitabilmente condizionate dal contesto. 

Se madre e padre sono in difficoltà la relazione che ciascuno avrà col figlio sarà più tesa e povera. Questo accade perché il conflitto non risolto depaupera le risorse che ciascun adulto ha a disposizione per assolvere alla funzione genitoriale. Gli interventi educativi e la qualità della relazione col figlio risulteranno inefficaci ed incoerenti. Avendo meno energia psichica, il genitore tenderà a investire in modo diverso e meno pieno nella relazione col bambino. 

Spesso il conflitto coniugale porta l’adulto a sviluppare problemi psicologici, come depressione ed ansia, e comportamentali come aggressività e isolamento. Di conseguenza i figli che si trovano a crescere in un ambiente familiare ostile, in cui vi sono problemi irrisolti, manifestano problemi nel rendimento scolastico e difficoltà relazionali coi pari.

I genitori che hanno una relazione tra loro difficile e conflittuale modellano indirettamente le competenze relazionali del figlio. Ciò significa che non gli  insegnano quelle abilità relazionali necessarie a costruire relazioni sane e di successo ne a risolvere eventuali disaccordi. Il primo contesto in cui imparare a stare in relazione con gli altri è l’ambiente familiare. 

I bambini che sono esposti a frequenti conflitti coniugali hanno maggiori probabilità di avere problemi nelle loro relazioni affettive in adolescenza e in età adulta. Dal momento che l’esperienza di relazione romantica dei genitori  è stata negativa essi non hanno un modello interno di successo a cui fare riferimento. Oltre a ciò, crescere in una famiglia infelice porta a sentisi insicuri. Il conflitto familiare sia verbale che non verbale, anche se non particolarmente acceso ed evidente, compromette il benessere sociale ed emotivo dei bambini minacciando il loro senso di sicurezza in famiglia. Lo stress comporta un aumento dei livello di cortisolo (ormone) ed una risposta fisiologica che può interferire con lo sviluppo mentale e cognitivo. 

Ne consegue che, al di la della scelta di rimanere assieme malgrado l’assenza d’amore o di separarsi, è necessario che i genitori imparino a risolvere i propri conflitti e disaccordi per offrire al figlio l'opportunità di imparare alcune abilità relazionali preziose:

 

  • Discutere in modo corretto: evitando ostilità, aggressioni verbali e fisiche, ricatti emotivi come silenzio e ripicche. Se è necessariamente ostile dovrà essere fatto in assenza del bambino;
  • Trovare una soluzione: mediare per fare sapere al figlio che la situazione è realmente risolta e non si sta fingendo una pace fittizia. Il conflitto fintamente risolto è dannoso. E’ importante mostrare che si può fare pace, trovare un compromesso nel rispetto delle esigenze di ambo le parti. 
  • Non coinvolgere il figlio nello scontro: è importante rimanere pazienti, disponibili e coerenti malgrado l’attrito col partner. E’ necessario assicurarsi di avere abbastanza energie per passare del tempo sereno con proprio piccolo. Va assolutamente evitato che si schieri dalla parte di mamma o papa o che assuma il ruolo di mediatore.
  • Evitare che possa sentirsi responsabile: per la difficile situazione in famiglia. Va rassicurato sul fatto che ciò che sta accadendo riguarda gli adulti e che al di la di tutto è amato e verrà tutelato.

 

 

Non tutti i conflitti coniugali sono malsani. Quando vengono risolti in modo rispettoso sono un’occasione per insegnare al figlio a gestire efficacemente le relazioni difficili che si troverà ad affrontare nel corso della sua vita.

La tensione costante è più nociva del divorzio perciò è fondamentale minimizzare i conflitti, soprattutto davanti ai bambini.

Nessuno può decidere se una coppia debba rimanere assieme o separarsi; si tratta di una scelta personale che solo i due membri della coppia debbono fare tenendo conto delle circostanze in cui vivono (es. condizioni economiche). Decidere di separarsi non implica aver fallito se i figli rappresentano l’interesse primario e vengono amati e rispettati a prescindere. Dunque il bene dei figli non è tra separazione o unione ma sta nel modo in cui la scelta viene portata avanti. Tutelare un figlio non significa necessariamente fare famiglia a tutti i costi ma garantire armonia ed un ambiente sano dove poter credere sereni indipendentemente che si scelga di rimanere uniti o meno come genitori.

 

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Autore: Dott. Maurizio Sgambati - Psicologo Psicoterapeuta. © Riproduzione vietata.