Rabbia Repressa: Comprendere, Riconoscere e Lavorare sull’Emozione Negata

La rabbia è un’emozione primaria, universale, che svolge una funzione adattiva fondamentale: segnala un confine violato, una frustrazione, un bisogno non soddisfatto. In ambito clinico, la rabbia viene considerata una risposta fisiologica e psicologica a una percezione di minaccia o ingiustizia. Tuttavia, quando non viene riconosciuta o espressa in modo sano, può trasformarsi in rabbia repressa, generando una serie di conseguenze psicologiche e somatiche.
Molti individui crescono in contesti familiari o culturali in cui la rabbia è stigmatizzata. Viene associata a perdita di controllo, aggressività o debolezza. Di conseguenza, imparano a inibirla, a nasconderla, a negarla. Questo meccanismo di difesa – spesso inconscio – può portare nel tempo a una disregolazione emotiva, con manifestazioni indirette come irritabilità, tensione muscolare, disturbi psicosomatici, depressione mascherata o comportamenti passivo-aggressivi.
Dal punto di vista clinico, la rabbia repressa può essere osservata attraverso segnali indiretti. Il paziente può riferire sintomi come mal di testa ricorrenti, disturbi gastrointestinali, insonnia, difficoltà relazionali o un senso di malessere diffuso. Spesso, in terapia, emerge una difficoltà nel riconoscere i propri bisogni, nel porre limiti, nel verbalizzare il disagio. La rabbia, non espressa, resta intrappolata nel corpo e nella mente, influenzando il funzionamento globale dell’individuo.
L’intervento psicologico mira innanzitutto alla consapevolezza. È fondamentale aiutare il paziente a riconoscere la rabbia come emozione legittima, non pericolosa, e a distinguerla da altre esperienze affettive come la tristezza, la paura o il senso di colpa. Attraverso tecniche di esplorazione emotiva è possibile accedere gradualmente al nucleo emotivo represso.
Un passaggio chiave nel trattamento è la validazione dell’emozione. Il terapeuta accompagna il paziente nel processo di riconoscimento e accettazione della rabbia, favorendo una narrazione coerente delle esperienze che l’hanno generata. In questo contesto, l’assertività diventa uno strumento terapeutico: imparare a esprimere la rabbia in modo diretto, rispettoso e non distruttivo permette di ristabilire confini sani e di recuperare una posizione attiva nella relazione con sé stessi e con gli altri.
Dal punto di vista pratico, alcuni suggerimenti utili per chi sospetta di vivere con rabbia repressa includono:
1. Tenere un diario emotivo: annotare le situazioni che generano disagio, le reazioni corporee e i pensieri associati può aiutare a identificare pattern ricorrenti.
2. Praticare la respirazione consapevole: tecniche come la respirazione diaframmatica o il metodo 4-7-8 aiutano a regolare l’attivazione fisiologica.
3. Esplorare l’emozione in uno spazio sicuro: la psicoterapia offre un contesto protetto in cui la rabbia può essere esplorata senza giudizio.
4. Utilizzare canali espressivi alternativi: l’arte, il movimento, la scrittura possono facilitare l’elaborazione emotiva, soprattutto nelle fasi iniziali del percorso.
È importante sottolineare che la rabbia repressa non è un "difetto" , ma una risposta adattiva che ha perso la sua funzione originaria.l'obiettivo del lavoro clinico non è eliminare la rabbia, ma reintegrarla come parte sana e vitale del sé. Quando viene riconosciuta, ascoltate e trasformata, l'rabbia può diventare una risorsa potente per il cambiamento, la protezione e l'autenticità.

Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone