La depressione ad alto funzionamento: il dolore dietro al sorriso

La depressione ad alto funzionamento: il dolore dietro al sorriso
  • Dr. Maurizio Sgambati
  • 06/10/2025
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La depressione non sempre si presenta come ce la immaginiamo. Non sempre al volto stanco, gli occhi gonfi di lacrime, il corpo che non riesce ad alzarsi dal letto. Esiste una forma più sottile, più silenziosa, che si nasconde dietro il sorriso, dietro la puntualità, dietro la capacità di portare avanti un’apparente vita normale. È la depressione ad alto funzionamento, quella che non grida, ma sussurra. Quella che non paralizza, ma logora lentamente.

Chi ne soffre spesso è una persona che "ce la fa". Lavora, studia, si prende cura degli altri, rispetto alle scadenze, partecipa alle conversazioni. È quella persona che sembra sempre in controllo, che non dà mai problemi, che non si lamenta. Eppure, dentro, qualcosa si spegne. Ogni gesto quotidiano richiede uno sforzo immenso, o il sorriso è una maschera, ogni successo è vissuto con distacco, come se non valesse davvero. Il mondo esterno non vede nulla di strano, e proprio per questo il dolore resta invisibile.

La depressione ad alto funzionamento è difficile da riconoscere, perché si mimetizza nella routine. Chi ne è colpito spesso non si concede nemmeno il diritto di stare male. Si dice che non ha motivo, che non ha tempo, che non può permetterselo. E così continua a funzionare, a fare, a dimostrare. Ma sotto quella superficie si muove un senso di vuoto, una stanchezza profonda, una voce interiore che ripete che non si è abbastanza, che non si merita nulla, che si sta sbagliando tutto.

Non era che questa forma di depressione si accompagna a un perfezionismo estremo, a una costante autocritica, a una paura sottile di deludere gli altri. La persona si impone standard altissimi, si sente responsabile di tutto, ma non riesce mai a sentirsi davvero soddisfatta. Ogni errore diventa una condanna, ogni momento di debolezza una vergogna. È così, giorno dopo giorno, si costruisce una prigione invisibile fatta di doveri, di silenzi, di sorrisi forzati.

Il paradosso è che proprio perché si riesce a "funzionare", si tende a rimandare la richiesta di aiuto. Si pensa che non sia abbastanza grave, che non si verrà creduti, che ci sono persone che stanno peggio. Ma la sofferenza non si misura in base alla gravità apparente. Si misura in base a quanto pesa, a quanto consuma, a quanto isola.

La depressione ad alto funzionamento merita ascolto. Merito uno spazio in cui poter dire "sto male" senza doverlo giustificare. Merita uno sguardo che sappia andare oltre la performance, oltre l'efficienza, oltre il sorriso. Perché anche gli sembra forte il diritto di essere fragile. Anche chi non si ferma mai ai bisogni di fermarsi. Anche chi non lo mostra bisogno di essere visto.

Lo psicologo può offrire al proprio questo: un luogo sicuro in cui smettere di fingere, in cui il dolore può essere accolto, esplorato, compreso. Non per etichettare, ma per liberare. Non per correggere, ma per accompagnare. Perché dietro ogni depressione dall'alto funzionamento c'è una persona che ha imparato a sopravvivere. E che ora ha bisogno di imparare a vivere.


Dr. Maurizio Sgambati

Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone

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