Attacchi di Panico: la triade del panico

Attacchi di Panico: la triade del panico
  • Dr. Maurizio Sgambati
  • 08/11/2024
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Si stima che circa una persona su 30 sperimenti un attacco di panico almeno una volta nella vita. L'attacco di panico ha molto a che fare con la paura.

E' una reazione automatica di allarme che si manifesta in risposta ad un pericolo reale o percepito, una sana forma di auto-difesa. 

Di fronte ad un pericolo è fondamentale che il nostro corpo si predisponga per reagire prontamente con una serie di cambiamenti corporei come l' accelerazione del battito del cuore, l'aumento del ritmo respiratorio e della sudorazione. Queste modificazioni fisiologiche ci portano quindi a correre per allontanarci dal pericolo o lottare per difenderci fisicamente. È quindi un meccanismo funzionale alla nostra sopravvivenza. Una risposta alla paura che talvolta si manifesta intensamente anche quando il pericolo non c' è. Si tratta di un falso allarme, come un antifurto troppo sensibile e mal tarato che si attiva per un nulla e inaspettatamente. Un attacco di panico ha la caratteristica, rispetto all' ansia in senso stretto, di essere breve, intenso e caratterizzato da un forte spavento. E' uno stato di attivazione estremo. Lungo un continuum di attivazione/arousal: da un lato abbiamo un basso livello arousal che coincide con la disattenzione o il rilassamento, passando per un livello medio di aroual coincidente con l' attenzione e l'essere vigili, e infine un alto arousal in cui troviamo lo stato di agitazione ed ansia che nella forma più acuta porta all'attacco di ansia o attacco di panico. I sintomi dell' attacco di panico sono i medesimi di quelli dell'ansia seppur in forma più intensa:

  • Aumento del battito cardiaco, tachicardia;
  • Sudorazione, vampate di calore;
  • Tremori o brividi; 
  • Mancanza di respiro o difficoltà nella respirazione;
  • Sensazione soffocamento; 
  • Dolore toracico o sensazione di pressione al petto;
  • Nausea, problemi allo stomaco o improvvisa diarrea;
  • Capogiri, vertigini, sensazione di svenimento;
  • Formicoli o intorpidimento di alcune parti del corpo;
  • De-realizzazione, sensazione di irrealtà, percezioni strane, non familiari e la sensazione di distacco dal corpo o dal contesto;
  • Paura di perdere il controllo, di impazzire o morire.

Per la diagnosi di un attacco di panico è necessario che siano presenti 4 o più dei sintomi sopra elencati e che questi si manifestino con un'elevata intensità per almeno 10 minuti. Un'altra caratteristica fondamentale che differenzia l'attacco di panico da un attacco d'ansia è il forte desiderio di sfuggire alla situazione in cui ci si trova e per cercare aiuto.

Si parla di disturbo di panico per descrivere quella condizione in cui gli attacchi di panico sembrano manifestarsi inaspettatamente piuttosto che in situazioni specifiche e prevedibili. L'attacco di panico quindi ha spesso a che fare con una particolare situazione, ad esempio trovarsi un uomo pubblico, al supermercato, in macchina, sotto un ponte, mentre il disturbo di panico è aspecifico, generalizzato a più situazioni.

È importante sottolineare che chi soffre di disturbo di panico vive con una persistente paura di provare un attacco di panico ed è la preoccupazione la causa dell'attacco stesso; si parla appunto di paura della paura, diversamente dall'attacco di panico ad esempio con agorafobia in cui la paura è specificatamente legata al trovarsi in luoghi pubblici, affollati o spazi aperti.

Molte persone per proteggersi dall'attacco di panico mettono in atto la strategia dell' "evitamento". Consiste nell'evitare tutti quei luoghi associati all'attacco di panico o dove la persona potrebbe trovarsi sola, senza poter chiedere l'aiuto di qualcuno o poter scappare. Questa forma di avversione comporta un restringimento del campo di azione e della libertà personale che è aggrava gli attacchi di panico. Evitare qualcosa significa non imparare ad affrontarla ma essere vittime della paura.

Quando i sintomi sono gravi e incidono significativamente sulla qualità della vita della persona è necessario richiedere un aiuto professionale. È importante assicurarsi che questi sintomi siano il risultato di ansia e non causati da qualcos' altro. Di norma si effettua una diagnosi differenziale rispetto a problematiche cardiache o al malfunzionamento della tiroide poiché i sintomi sono sovrapponibili all'attacco di panico. Una volta esclusa la causa organica si può intervenire a livello farmacologico per contenere i sintomi dell'attacco di panico ed intraprendere un percorso psicoterapeutico per imparare a gestire le reazioni del corpo, gestire gli errori di pensiero dovuta a scarse o erronee interpretazioni degli stimoli interni ed esterni, risalire alle cause del disturbo.

RISPOSTA DI ATTACCO/FUGA:

Quando ci sentiamo minacciati, in pericolo, il nostro corpo reagisce con una serie di cambiamenti visibili e percepibili in risposta all' attivazione del sistema attacco/fuga. Il corpo si attiva per rispondere a una vera minaccia fisica, anche quando questa è solo frutto della nostra immaginazione. La reazione attacco attacco/fuga include 3 risposte:

1. RISPOSTA FISIOLOGIA (reazioni del corpo): quando siamo spaventati o ansiosi a causa di una minaccia fisica il corpo attiva diversi cambiamenti. Alcuni dei sintomi sono quelli che ho menzionato all'inizio dell'articolo, ovvero l'accelerazione del battito cardiaco e della respirazione, l'aumento della sudorazione delle mani, le vertigini. Questo avviene sostanzialmente perché il nostro corpo è progettato per rilasciare alcune sostanze chimiche in grado di attivarci quando percepiamo una minaccia: le ghiandole surrenali rilasciano adrenalina e cortisolo. Ciò genera l'aumento la frequenza cardiaca che permette al sangue e all'ossigeno di giungere più velocemente a tutti i distretti periferici del corpo come le gambe per fuggire e le mani per combattere. L'aumento della frequenza della respirazione serve ad aumentare l'ossigeno disponibile per i tessuti e ad espellere più velocemente la quantità di biossido di carbonio prodotto. Ecco perché si inizia sospirare, a sbadigliare a sentire un respiro affannoso, una sensazione di soffocamento, di oppressione dolore al petto. Ciò non ha nulla che fare con l'attacco cardiaco. Questa risposta fisiologica riduce anche l'afflusso di sangue alla testa e, sebbene non sia pericoloso, si possono provare vertigini, stordimento, visione offuscata, confusione, sensazione di irrealtà e vampate di calore. Inoltre, una ridistribuzione del sangue dalle aree non vitali (pelle, dita…) a quelle che lo sono (grandi organi vitali) fa si che la pelle appaia pallida, che ci si senta infreddoliti, intorpiditi o che mani e piedi si formicolino. Un aumento della sudorazione rende il corpo più scivoloso così che un predatore possa avere più difficoltà nell' afferrarci. L'allargamento delle pupille degli occhi fa entrare più luce e ci consente di scansionare meglio l'ambiente in cerca del pericolo. La vista può però farsi più sensibile alla luce a la visione apparire più offuscata. La ridotta attività dell'apparato digerente consente di deviare più energia verso i sistemi di attacco/fuga provocando però nausea o mal di stomaco. Una diminuzione della salivazione può lasciarci con la bocca secca e ridurre la digestione. La tensione muscolare in preparazione al attacco/fuga provoca sensazioni soggettive di tensione, a volte provocando dolori e dolori, tremori e agitazione. Il processo psicofisico avviene  su più livelli ed in forma cosi complessa da lasciare l'individuo abbastanza esausto.

Queste risposte fisiche di allarme sono fondamentali di fronte a un pericolo ma possono appunto verificarsi anche quando c'è un falso allarme, un falso pericolo. Per chi soffre di attacco di panico queste sensazioni fisiche possono essere abbastanza angoscianti in quanto erroneamente interpretate come il segnale di un attacco cardiaco imminente, un infarto; si tratta di una falsa credenza, di un errore cognitivo di cui parlerò al punto 3.

2. REAZIONE COMPORTAMENTALE (l' azione): quando ci si sente ansiosi o ci si aspetta di sentirsi ansiosi spesso si cerca di controllare l'ansia evitando di affrontare le situazioni che potrebbero genere un attacco di panico. Questo si chiama evitamento o comportamento protettivo ed include:

  • Evitamento delle situazioni in cui si è avuto un attacco di panico in passato;
  • Evitamento delle situazioni dalle quali sarebbe difficile fuggire, dove potrebbe essere difficile ottenere aiuto come ad esempio i luoghi pubblici, i centri commerciali la guida nel traffico all'ora di punta, i luoghi in cui non è disponibile un'assistenza medica.
  • Evitamento delle situazioni tua attività che potrebbero provocare sensazioni simili come l'attività fisica, il bere caffè, guardare un film dell'horror, arrabbiarsi, fare sesso.

Un'altra reazione è l'utilizzo di comportamenti di sicurezza come ad esempio assicurarsi di essere sempre vicini ad una via di fuga, portare con sé farmaci, camminare accanto a muri o oggetti a cui ci si può appoggiare, uscire solamente con specifiche persone che infondono sicurezza, usare detrazioni come il cellulare. Anche se questi atteggiamenti non sembrano dannosi possono creare dipendenza e, qual ora fossero indisponibili per un qualsiasi motivo, lasciare la persona in preda a se stessa ed alla propria angoscia. È necessario imparare a gestire l' ansia, ovvero i pensieri e le sue reazioni, in modo da essere del tutto autonomi e non dipendenti da fattori esterni come persone o farmaci. Bisogna uscire dalla zona confort per evitare di evitare.

3. REAZIONE COGNITIVA (i pensieri):  esistono diverse cambiamenti cognitivi associati all'ansia e alla attacco di panico. In primo luogo, come normale risposta all' attivazione del sistema attacco/fuga l' attenzione si sposta su ciò che ci circonda alla ricerca di potenziali minacce. È una risposta fondamentale in caso di situazioni effettivamente pericolose, ma inutile in altre. Diventa quindi molto difficile concentrarsi e proseguire con le attività in corso quando si scansione l'ambiente alla ricerca di un pericolo. Quando non ci sono riscontri esterni allora si inizia a monitorare le sensazioni interne, fisiche, come il battito cardiaco o la sudorazione. Ciò spesso porta a pensare che queste reazioni siano anomale, il segnale di una malattia o un malessere grave. Normali reazione di allarme frutto della percezione di un pericolo vengono erroneamente scambiate come infarto, ictus o morte imminente. Inoltre, associati al disturbo di panico ci sono pensieri catastrofici sulle reazioni fisiche che in realtà sono normali. Ad esempio si pensa che se il cuore ha saltato un battito cardiaco necessariamente si abbia un problema di salute. Un altro errore cognitivo è associare l'attacco di panico a una specifica situazione come ad esempio andare al supermercato, spesso il primo luogo dove lo si è sperimentato. L'errore di fondo è pensare che l'attacco di panico abbia un nesso con lo specifico contesto piuttosto che ad un processo interiore totalmente dipendente della persona e indipendente dall' ambiente circostante.

Questi tre tipi di risposte: fisiologia, comportamentale e cognitiva si combinano assieme per formare l'esperienza di attacco d'ansia e di attacco di panico. Alcune reazioni possono essere più evidenti di altre ma sono tutte componenti importanti che vanno affrontate.

ATTACCHI DI PANICO NOTTURNI

A volte gli attacchi di panico possono manifestarsi durante la notte, quando si dorme. Sembra paradossale poiché durante il sonno di dovrebbe essere più rilassati e ci si aspetta che ciò non possa accadere. Le ricerche suggeriscono che invece questo avvenga nel momento in cui si sta entrando nella fase più profonda del sonno, quando il corpo si inizia rilassare e a lasciarsi andare. Il cervello percepisce il cambiamento nelle sensazioni fisiologiche dovete all'abbassamento delle difese e lo interpreta come una minaccia; ciò induce il senso di panico con conseguente risveglio dal sonno. Inoltre, l'attacco di panico notturno può essere anche la conseguenza di un incubo, di stimolo percepito (es. suono, variazione di luce), di un processo di elaborazione di una situazione avvenuta durante la veglia (es. rielaborazione di un attacco).


Dr. Maurizio Sgambati

Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone

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