· 

Gestire la rabbia

Dr. Sgambati Psicologo Pordenone
Dr. Sgambati Psicologo Pordenone

Ognuno, prima o poi, si trova a dover gestire la propria rabbia, che è in sostanza un’emozione onesta; tuttavia, se essa non trova sfogo esternamente, lo farà internamente sviluppando malattie o disturbi di varia natura. Ci arrabbiamo sempre per le stesse cose, come del resto critichiamo sempre le stesse cose; se, in questo stato, riteniamo di non poter sfogare la rabbia, la reprimiamo, fatto questo che origina risentimento, amarezza o depressione.

È dunque importante gestire la propria rabbia quando si manifesta. A questo scopo è estremamente utile affrontarla in maniera positiva parlando apertamente, ad esempio, con la persona che l’ha causata e liberando le nostre emozioni represse: “Sono arrabbiato con te perché……..”.

Quando abbiamo voglia di gridare a qualcuno, significa che a lungo abbiamo accumulato rabbia: spesso ciò avviene perché riteniamo di non poter parlare alla persona in causa. In tal caso è bene parlarle allo specchio.

Cerchiamo una stanza tranquilla, dove non verremo disturbati; poniamoci di fronte allo specchio guardandoci negli occhi: se quest’ultima azione ci risulta difficile, guardiamo la nostra bocca o il nostro naso. È importante guardare noi e/o la persona che pensiamo ci abbia inflitto un torto cercando di ricordare il momento in cui ci siamo infuriati e di lasciare che la rabbia cresca lentamente in noi; a questo punto possiamo iniziare a spiegare all’altro perché siamo infuriati dimostrandogli pienamente il nostro sentimento:

 

“ Sono arrabbiato con te perché……”.

“ Mi sento ferito perché hai…….. “.

“ Sono spaventato perché….. “.

 

È bene sfogare i nostri sentimenti, se necessario, anche prendendo a pugni dei cuscini: non dobbiamo aver paura di fare ciò. Abbiamo represso troppo a lungo le emozioni e, inoltre, non c’è nulla di vergognoso o di sbagliato nel comportarsi così: i sentimenti non sono altro che i pensieri in azione, hanno uno scopo e, quando li liberiamo, creano spazio per altre esperienze, più positive.

Una volta esternata la rabbia nei confronti di qualcuno, dobbiamo fare del nostro meglio per perdonare: il perdono è un atto liberatorio, il cui effetto benefico si riflette su di noi. Se non siamo capaci di ciò, la tecnica serve solo ad affermare un’esperienza negativa, non a guarirci. C’è una differenza tra liberare e riciclare le vecchie sensazioni di rabbia. Per essere sicuri di eliminarle totalmente, possiamo ad esempio dire:

 

Va bene, non ne parliamo più. Non approvo la tua azione, pur sapendo che hai fatto del tuo meglio, con la conoscenza e la comprensione che avevi a quell’epoca. La questione è chiusa. Ti libero, ti lascio andare. Tu e io siamo liberi, ora”.

 

In tal modo possiamo operare su uno o più episodi che ci hanno turbati; la scelta sta solo in noi.

Esistono altre tecniche per liberare le sensazioni di rabbia: piangere affondando il capo in un cuscino, prendere quest’ultimo a calci, prendere a pugni il materasso o un punching ball, scrivere una lettera piena d’odio e poi bruciarla, urlare nella propria macchina con i finestrini chiusi, giocare a tennis o a golf con il solo scopo di lanciare una palla dietro l’altra, fare ginnastica, nuotare, correre attorno all’isolato più volte, descrivere le sensazioni provate per iscritto o disegnarle utilizzando la mano sinistra se siamo destrimani, o viceversa: il processo creativo è infatti uno sfogo naturale delle emozioni.

Quando liberiamo i nostri sentimenti, possiamo diventare dunque molto più creativi; proprio per tale ragione è opportuno agire, sempre però con attenzione, senza mai metter in pericolo noi stessi o gli altri.

Probabilmente, la rabbia che sentiamo è una prova del fatto che non comunichiamo correttamente con gli altri: riconoscendo ciò, possiamo adoperarci per cambiare il nostro atteggiamento.

 

Moltissime persone si sentono più serene dopo aver liberato la loro rabbia, come se fossero sollevate da un grosso peso. Ci sono alcuni che hanno difficoltà a fare ciò: razionalmente, comprendono i propri sentimenti, ma non riescono ad esprimerli. Quando, tuttavia, vengono aiutati a definire il problema attraverso le parole e si permettono di agirla in modo protettivo di se stessi si sentono sollevate. 

Esistono persone arrabbiate dalla nascita (arrabbiati cronici), che qualsiasi cosa accada loro, si infuriano, ma non fanno nulla per superare questa condizione. La rabbia cronica è infantile e indicativa del fatto che vogliamo sempre avere tutto a modo nostro. In questi casi è utile chiedersi:

 

“Perché scelgo di arrabbiarmi ogni volta?”

“ Che cosa faccio per creare situazioni che costantemente mi fanno infuriare?”

“ E’ l’unico modo in cui posso reagire?”

“ Chi punisco? O a chi voglio bene?”

“ E’ quello che desidero?”

“ Perché voglio essere in questo stato?”

“ Che cosa di quello che penso causa tutte queste frustrazioni?”

“ In che modo induco gli altri ad irritarmi?”

 

In altre parole, perché riteniamo che, per ottenere quello che vogliamo, dobbiamo arrabbiarci? Non intendo dire che non vi siano ingiustizie e che non abbiamo mai il diritto di infuriarci: la rabbia abituale non è tuttavia positiva per noi né per il nostro corpo, dove si annida. E’ bene in tal caso cercare di capire su che cosa ci focalizziamo la maggior parte del tempo: sediamoci di fronte allo specchio osservandoci con attenzione e chiedendoci: “ Chi sei? Che cosa vuoi? Che cosa ti rende felice? Che cosa posso fare per renderti felice?”. E’ tempo di fare qualcosa di diverso, di creare in noi un nuovo spazio per l’amore, l’ottimismo e la gioia. 

 

Pagina Facebook - Canale Telegram


Autore: Dott. Maurizio Sgambati - Psicologo Psicoterapeuta. © Riproduzione vietata.