Nelle relazioni attuali tendiamo a ripetere schemi comportamentali provenienti dall'infanzia; portiamo con noi potenti impronte di amore o della sua mancanza, che derivano dalle nostre precoci esperienze relazionali.
Ci hanno particolarmente influenzato i modi in cui sono stati soddisfatti (oppure no) i nostri bisogni infantili di empatia, approvazione, riconoscimento, contatto fisico, cure e supporto.
Nel presente, quando questi bisogni sono appagati da un nostro amico o partner, vediamo e percepiamo questa persona come buona, accogliente, amorevole, degna di fiducia e rassicurante. Quando invece ciò non accade, l'altro è per noi freddo, ostile, repressivo o pericoloso. La parte immatura di noi vede le cose in maniera polarizzata: tutto bianco o tutto nero, buono o cattivo, sicuro o insicuro e l'altro come amorevole o distante.
Quando accade questo, la sfiducia prende il sopravvento di noi e perdiamo il flusso d'amore. Se non comprendiamo questo meccanismo e il potere delle nostre impronte traumatiche, possiamo facilmente sentirci vittime e attribuire la colpa all'altro o alla relazione stessa.
Ciò non significa che continuare una storia sia sempre la scelta da fare per crescere. A volte maturiamo trovando il coraggio di andarcene, ma non dallo spazio della reazione provocata in noi perché non abbiamo ottenuto quello che volevamo dall'altro.
Le impronte che portiamo dall'infanzia non solo possono farci passare dal vedere l'altro come amorevole e rassicurante a giudicarlo come rifiutante e pericoloso, ma hanno anche un profondo impatto sul modo in cui percepiamo noi stessi. In base ai modi in cui siamo stati trattati da piccoli possiamo sentirci amorevoli, capaci, coraggiosi, sicuri, ottimisti, curiosi, ma anche paurosi, arrabbiati, esauriti, giudicanti, pieni di vergogna, litigiosi e negativi verso noi stessi e verso la vita in generale.
Nelle nostre relazioni attuali, anche la più piccola percezione di incomprensione, di rifiuto, di mancanza di rispetto o di amore può provocare profonda sfiducia nei confronti degli altri o verso noi stessi e allora ci consideriamo sbagliati, indegni di essere amati o inadeguati.
All'inizio di una storia magari abbiamo un'impressione altamente positiva dell'altra persona e di noi stessi. In questa fase potremmo sperimentare che stiamo finalmente ricevendo l'amore cui aspiriamo. Ma questo cambia, una volta che si riapre la nostra ferita della sfiducia.
Quando l'altro ci delude, ci mostra aspetti di sé che non ci piacciono, questo ci porta a regredire e così l'impronta negativa che portiamo viene in superficie.
Via via che le impronte negative vengono provocate, le nostre difese e strategie prendono il sopravvento e inevitabilmente causano drammi, allontanamento e dolore. A volte, inconsciamente, evitiamo del tutto l'intimità e ci dedichiamo invece ad attività che non mettano in moto le nostre paure e ferite, quali il lavoro, gli hobby, lo sport o perfino la meditazione e la spiritualità.
Molti dei conflitti, delle incomprensioni e delle ferite che sperimentiamo nelle relazioni possono essere spiegati da questa dinamica. Quando proiettiamo un genitore sul nostro partner, anche il più piccolo screzio può provocarci e se non vediamo che in realtà stiamo reagendo al genitore e non al compagno, ci perdiamo in drammi senza fine. Piuttosto spesso ci sarà qualche comportamento dell'altro cui possiamo aggrapparci per giustificare la nostra reazione. Ma a meno che riusciamo a comprendere che quella persona oggi rappresenta solo la causa scatenante, continueremo a credere che il problema sia lei e non andremo alla radice, dove possiamo far accadere la trasformazione.
Alla base dei nostri conflitti e delle difficoltà nelle relazioni ci sono la paura e l’insicurezza che nascondiamo con il meccanismo delle proiezioni.
Il nostro Bambino interiore ferito nutre il desiderio di ricevere quelle cure e quelle attenzioni che i genitori non hanno saputo dare. Vi è quindi una parte inconscia di noi, il Bambino interiore o emozionale appunto, che cerca di ottenere dal partner, dagli amici e dalle figure autorevoli ciò che non ha ricevuto dalle figure primarie. Lo fa inconsciamente compiacendo, ribellandosi o esigendo.
Il nostro Bambino interiore ha un desiderio straziante di essere capito, amato e sostenuto…
Nelle relazioni attuali i bisogni emotivi insoddisfatti nell’infanzia non rappresentano di per sé un problema; il problema è il modo in cui cerchiamo di soddisfarli. Proiettiamo i nostri desideri e la nostra fame di affetto, vicinanza, calore ed attenzione su chiunque corrisponda ai requisiti di figura genitoriale sostitutiva. Il nostro bambino affamato ricerca nel partner e negli amici intimi quel genitore accogliente che non ha mai avuto. Diventando consapevoli delle nostre proiezioni possiamo iniziare ad assumerci la responsabilità circa i nostri bisogni profondi piuttosto che aspettarci inconsciamente che se ne occupi un’altra persona. È necessario imparare ad identificare i nostri schemi ripetitivi all’interno delle relazioni che instauriamo. Al di fuori della nostra consapevolezza tendiamo rimettere in scena all’interno delle relazioni più recenti e significative lo stesso schema di relazione delle nostre prime esperienze affettive, specialmente quelle con i nostri genitori, allo scopo di dare un finale diverso e positivo. Questo meccanismo proiettivo è chiamato “coazione a ripetere”. Facciamo ciò perché abbiamo bisogno di completare ciò che ne relazioni primarie è rimasto incompleto. Attiriamo a noi, inconsapevolmente proprio quelle persone che ricalcano alcune caratteristiche possedute dai genitori affinchè vengano riportate in superficie le nostre ferite infantili, i nostri bisogni insoddisfatti, allo scopo di completare ciò che è rimasto in sospeso.
Un modo per fermare la “coazione a ripetere” consiste nell’esplorare le nostre reazioni nelle relazioni significative attuali e confrontarle con le relazioni avute con le figure genitoriali. Tendiamo ad essere attratti dal quelle persone che rappresentano i candidati perfetti per rimettere in scena quelle relazioni infantili allo scopo di sanarle. E come se agendo nelle relazioni attuali potessimo modificare l’esito delle relazioni pregresse e chiude il "cerchio".
Nella relazione con il partner vediamo l’altro come un genitore buono oppure come un genitore cattivo a seconda della sua capacità di sapersi occupare dei nostri bisogni emotivi.
Il nostro Bambino interiore ha bisogno di essere amato e sostenuto. Quando otteniamo dal partner ciò che desideriamo lo consideriamo come un genitore buono e affettuoso. Quando invece il partner non intuisce ne soddisfa i nostri bisogni lo vediamo come un genitore cattivo, frustrante e respingente.
In verità nessuno può soddisfare i bisogni sospesi che ci portiamo dientro dal nostro passato: la nostra parte Adulta e relazionale questo lo sa ma il nostro Bambino interiore no. Quando siamo fortemente in contatto con il nostro Bambina interiore ferito e depravato di amore tendiamo a fare i capricci, a mettere il muso, a ritirarci dalla relazione, a fare le vittime o a vendicarci…proprio come se tornassimo quei bambini che siamo stati, con il medesimo modo di pensare, sentire ed agire. Quando siamo fortemente in contatto col nostro Bambino ferito dentro di noi avviene una vera e propria “dissociazione" psichica.
Ovvero entriamo in uno spazio di regressione in cui il nostro Bambino intrapsichico ci fa sentire e vedere cose che non sono state dette e che non sono accadute mentre non sentiamo quello che realmente viene detto e non vediamo ciò che realmente è accaduto.
Paradossalmente però il nostro Bambino ferito non sta neppure cercando un genitore perfetto; una volta che abbiamo trovato un partner deputato inconsciamente alla soddisfazione dei nostri bisogni sospesi lo mettiamo alla prova per verificare se è affidabile, se questa volta davvero otterremo quelle cure ed attenzioni che siamo cercando da una vita. Mettiamo in atto una sorta di sfida, una prova di fiducia impossibile da vincere per qualsiasi partner.
Nelle relazioni di lunga durata inoltre ci cristallizziamo all’interno di ruoli predefiniti. Talvolta assumiamo il ruolo del Bambino e vediamo il nostro partner come un Genitore, spesso è simile ai nostri genitori originali. Altre volte, invece, assumiamo il ruolo di Genitore con le caratteristiche di uno o di entrambi inostri genitori reali e tendiamo ad agire con il nostro partner esattamente come i nostri genitori reagivano con noi quando eravamo bambini. Qualsiasi situazione irrisolta o incompiuta tende quindi a riaffiorare sotto forma di schema relazionale ripetitivo.
Quando siamo nel ruolo di Genitore accumuliamo risentimento perché abbiamo la sensazione di essere gli unici all’interno del rapporto a dare supporto e nutrimento. Assumere questo ruolo ci permette di avere un maggiore controllo e di identificarci con un’immagine di noi stessi forte e gratificante. In fondo siamo troppo spaventati per ammettere di aver bisogno anche noi di un Genitore e quindi nascondiamo la nostra vulnerabilità ricoprendo proprio un ruolo genitoriale.
Quando siamo invece nel ruolo di Bambino interiore accumuliamo risentimento perché ci sentiamo dipendenti dal partner. Nel ruolo di Bambino ci nascondiamo perché non vogliamo crescere ed assumerci la responsabilità nei confronti della nostra vita. All’interno di una relazione molto frequentemente inconsciamente assumiamo il ruolo Genitoriale o il ruolo Infantile. Solo nella misura in cui riusciamo a riconoscere le dinamiche relazionali possiamo evitare di creare conflitti.
Con consapevolezza possiamo sia farci da Genitori che fare da Genitore, sia mostrare reciprocamente il nostro Bambino vulnerabile.
Dal ruolo di Genitore possiamo dare nutrimento al partner e dal ruolo di Bambino possiamo esprimere la nostra leggerezza, emotività e gioia.
In una relazione sana è necessario essere complementari ovvero entrambi i partner deve avere una possibilità di passare da un ruolo all’altro ovvero offrire supporto e ricevere supporto supporto.
Nelle relazioni attuali abbiamo anche la tendenza ad attivare comportamenti di vendetta ovvero a liberarci di tutta quella rabbia repressa e inespressa provata nell'infanzia e di cui non siamo consapevoli fino a quando non viene liberata. Si tratta di rabbia che abbiamo nutrito per essere stati umiliati, maltrattati, trascurati, ignorati, feriti da bambini.
Nelle nostre relazioni attuali ci vuole solitamente un po’ di tempo prima che le proiezioni infantili vengono in superficie; primo poi accade che guardiamo al partner come una combinazione tra il nostro Genitore interiorizzato, copia dei genitori reali che ci hanno cresciuto, e ciò che quel partner è realmente.
Il partner oggetto della nostra proiezione stuzzica di solito le nostre paure e le nostre aspettative di essere traditi, controllati, fraintesi, maltrattati o abbandonati. Da un lato cerchiamo genitore perfetto ma dall’altro rimaniamo delusi perché sfidandolo verifichiamo che non sarà mai in grado di colmare quei bisogni antichi.
Una proiezione è una rievocazione del nostro passato.
La nostra guarigione, ovvero la possibilità di vivere relazioni sane nel qui-e-ora, avviene quando cominciamo a distinguere il fattore scatenante dalla fonte originale. Quando il partner provoca una del nostre ferite, sembra che sia proprio lui o lei a causare il dolore che proviamo. Siamo convinti che sia proprio lui o lei il problema, e non il genitore o il fratello o l’insegnante o il compagno di classe che tanti anni prima ci ha ferito.
Quando proiettiamo la nostra infanzia nelle relazioni attuali le reazioni che mostriamo sono spropositate rispetto allo stimolo che le ha provocate.
Naturalmente in qualsiasi relazione non ci sono né vittime né carnefici poiché in qualsiasi gioco relazionale bisogna che ci siano due giocatori.
Nelle dinamiche proiettive i due partner si intrappolano a vicenda. Entrambi i partner hanno un ruolo da giocare.
La guarigione avviene quando entrambi i partner riescono a identificare lo schema ripetitivo che li porta al conflitto.
Lo svelamento di tale dinamica proiettiva inconscia porta i due partner ad assumersi la responsabilità per la loro parte nel dramma.
Il più delle volte la rabbia, il dolore, la sensazione di tradimento che proviamo con le persone attuali provengono dai nostri bisogni e dei nostri desideri repressi o negati. Manteniamo inconsce il nostre proiezioni perché non vogliamo ammettere che il nostro bambino interiore ha veramente bisogno e che quel bisogno sta a noi stessi colmarlo.
Possiamo fossilizzarci gli schemi delle proiezioni e vivere le nostre relazioni nel conflitto oppure usare la proiezione stessa per imparare sempre di più su noi stessi e per migliore il nostro modo di relazionarci.
La nostra trasformazione inizia davvero quando riconosciamo e percepiamo come le impronte negative che portiamo prendono il sopravvento e vediamo che si tratta solo della manifestazione e della riedizione del nostro condizionamento. Cominciamo a riconoscere che adesso possiamo scegliere con consapevolezza e che non siamo più quel bambino indifeso e dipendente che eravamo un tempo. Arriviamo ad accettare che non abbiamo bisogno che qualcun altro soddisfi i nostri bisogni inappagati.
Quando avremo compreso profondamente tale meccanismo e come esso contribuisca a sabotare l'intimità, avremo compiuto un passo essenziale verso la capacità di creare e mantenere una relazione sana.
Autore: Dott. Maurizio Sgambati - Psicologo Psicoterapeuta. © Riproduzione vietata.