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La fame di relazioni

Come esseri umani siamo creature sociali e per questo bramiamo stare in relazione; sin da quando nasciamo infatti siamo completamente dipendenti dalle cure dei genitori e solo attraverso di essi possiamo ottenere la soddisfazione dei nostri bisogni primari (cibo, calore, protezione, stimolazione). Strutturalmente siamo cosi complessi che a differenza di altri mammiferi non nasciamo completi ad autosufficienti; abbiamo bisogno temporaneamente di dipendere da qualcuno e non solo per ottenere cure materiali. Abbiamo bisogno che le nostre figure di riferimento ci offrano stimoli utili a creare connessioni cerebrali, ci aiutino a sviluppare un’identità stabile anche sul piano emotivo, ad apprendere la lingua ed i comportamenti utili per fronteggiare i pericoli e garantirci la sopravvivenza oltre che acquisire quegli atteggiamenti socialmente desiderabili necessari ad interagire con gli altri. I bambini senza il supporto dei genitori e degli altri essere umani non sarebbero in grado di accrescere in tutto il loro potenziale. E’ grazie alla presenza dei genitori che imparano a fare esperienze via via sempre più complesse in un ambiente protetto.

Secondo Eric Berne, esiste nell’essere umano una vera e propria “fame“ di relazioni che ci spinge a desiderare gli altri per ottenere da essi stimoli, senso di sicurezza, contatto fisico, vicinanza emotiva e soddisfazione sessuale. La forma più profonda di contatto con l’altro, quella che permette di soddisfare a pieno il nostro bisogno di relazione, si chiama fame di “intimità“. Essa non ha nulla a che vedere con l’intimità sessuale o con l’innamoramento; per intimità si intende quel processo in cui due persone, amici o partner, sono pienamente presenti ed aperti l’uno verso l’altro. L’intimità implica spontaneità e la consapevolezza di essere aperti verso l’altro nel qui e ora. Affinché due persone instaurino tra loro un legame intimo debbono essere in grado di abbassare la guardia, le proprie difese, ed essere mosse dal desiderio di ascoltare l’altro con attenzione e vivido interesse.

Un legame realmente intimo è in grado di perdurare nonostante uno dei due soggetti in relazione si senta arrabbiato o deluso dal partner. Nonostante vengano sperimentati sentimenti temporaneamente spiacevoli il legame intimo permette a ciascuno di poter esprimere  liberamente ciò che sente nel rispetto di se e dell’altra persona.   

Se da un lato vi è in ogni persona la ricerca di un rapporto intimo e profondo nel quale potersi mostrare senza sentirsi giudicarti, dall’altra un tale tipo di apertura senza riserve può risultare una minaccia. Il modo in cui è vissuta tale apertura dipende dalle esperienze di relazione avute durante il corso dello sviluppo (legame di attaccamento infantile e legami esperiti nella prima età adulta).  

Coloro che hanno avuto esperienze relazionali negative imparano a proteggersi sfuggendo i rapporti stretti o cercandone di superficiali per evitare di scoprirsi troppo. Alcuni possono strutturare uno stile di personalità evitante, schizoide o schizotipico (a seconda di quanto è forte il meccanismo difensivo atto ad eludere l’intimità psicologica e/o fisica con gli altri), per poter andare avanti nel mondo delle persone sentendosi al sicuro. Spesso alla base dell’evitamento dell’intimità  vi sono precoci esperienze in cui la persona si è sentita criticata duramente, svilita, derisa, giudicata dal nucleo familiare o dai compagni di scuola (es. fenomeni di bullismo). Anche l’essere cresciuti all’interno di famiglie “chiuse” socialmente (centripete) in cui i genitori ansiosi o spaventati dai “pericoli” hanno messo eccessivamente in guardia i propri figli bloccando la loro naturale inclinazione all’esplorazione del mondo e dei rapporti sociali.

Anche il distacco del bambino dalla sua figura di accudimento (madre o padre), seppur per un breve periodo, vissuto con intensa angoscia può minare la capacità adulta di fidarsi e lasciarsi andare alle relazioni; egli impara a coartare i propri bisogni di vicinanza ed intimità per paura di essere nuovamente lasciato solo.

Le esperienze relazionali del passato con le figure di attaccamento possono impedirci di godere a pieno delle relazione affettive ed amicali in età adulta. In alcuni casi queste esperienze fanno si che la persona neghi i propri bisogni di vicinanza, condivisione, relazione ed amore. 

Oltre alla fame di intimità, esistono altre due tipi di fame: quella di “riconoscimento“ e quella di “struttura“. 

La nostra fame di riconoscimento ci porta a desiderare di essere visti per ciò che siamo veramente, di essere rispettati e considerati come persone speciali, intelligenti, competenti… La fame di struttura riguarda il bisogno di ordine da parte del nostro cervello; la mente ha bisogno di mettere ordine ed organizzare informazioni caotiche. Organizziamo quindi le nostre percezioni in schemi o in categorie per dagli un nome, classifichiamo attività, tempo, eventi, cose delle vita reale; diamo ordine e nomi alle fantasie ed alle immagini mentali per attribuirgli un senso e non sentirci confusi; classifichiamo anche le relazioni che instauriamo (amici, conoscenti, colleghi, familiari, amori. ex…). Queste tre tipi “fame” (intimità, riconoscimento e struttura) sono correlate; se manca la possibilità di soddisfarne una cerchiamo di compensare puntando sulle altre due.

Ciò significa che se siamo carenti nel soddisfare la fame di intimità perché stiamo scegliendo solo legami superficiali e rifuggendo quelli intimi allora avremo bisogno di puntare sul bisogno di riconoscimento professionale e sul bisogno di strutturare in modo eccessivo la nostra vita in modo tale da tenerci occupati con ogni genere di impegni ed attività pur di non sentire il vuoto della solitudine.

 

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Autore: Dott. Maurizio Sgambati - Psicologo Psicoterapeuta. © Riproduzione vietata.