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Interrompere lo schema della depressione

Essere depressi è molto più che sentirsi tristi, scoraggiati ed avere voglia di piangere. Spesso il termine depressione viene usato impropriamente quando ci troviamo di fronte ad eventi di vita stressanti o ci troviamo in situazioni delicate che ci fanno sentire giù di morale. 

Nella maggioranza dei casi, dopo un periodo di abbattimento adattivo riusciamo a trovare una soluzione e le risorse interiori necessarie a metterla in atto. Superato l’ostacolo riprendiamo la nostra vita senza renderci conto di quando siamo stati resilienti nel fronteggiarlo. 

Quando però non abbiamo le risorse per superare una difficoltà, non siamo in grado di affrontarla o non sappiamo come farlo possiamo cadere in uno stato depressivo.  

Ciò significa che l’umore si abbassa notevolmente a tal punto da perdere interesse per le cose che ci piace fare, perdiamo anche la capacità di godere di cose e situazioni. La depressione induce uno stato di inibizione comportamentale e perdita di piacere detta anedonia.

In questo stato si verificano modificazioni anche a livello fisiologico: possiamo sentirci molto stanchi, perdere la spinta sessuale, avere problemi nel dormire (insonnia o ipersonnia) e nel mangiare (inappetenza o iperfagia).  

Seppur tutte le persone in qualche momento della vita vivano un periodo di difficoltà non tutte sono destinate a far i conti con la depressione. Nelle medesime condizioni stressanti non tutti reagiscono allo stesso modo.

La nostra mente gioca un ruolo importante nel renderci efficaci o meno ad affrontare tali eventi; alla base della sindrome depressiva c’è un processo di valutazione negativa dell’evento al quale siamo esposti.

Ci sono situazioni drammatiche che metterebbero alla prova chiunque; sono i nostri pensieri e le nostre convinzioni a spingerci ed attivarci nella ricerca di una soluzione o relegarci ad una riposta passiva di tipo depressivo. Sino a qualche decennio fa si riteneva che la depressione fosse una malattia fisica derivante dalla mancanza di una serie di neurotrasmettitori nel nostro cervello, serotonina e noradrenalina responsabili del nostro umore.

È vero che sostanze chimiche come la serotonina hanno una certa influenza, ma questo non è l'unico fattore coinvolto tanto che spesso la terapia farmacologica non rappresenta una soluzione completamente efficace ne risolutiva. Gli antidepressivi modulano la sintomatologia ma talvolta si rivelano del tutto inefficaci.

Una persona diviene depressa a fronte di un cambiamento di vita percepito come catastrofico,  come risultante di un erroneo ed irrazionale processo di valutazione della realtà. 

La depressione è il frutto di una perdita percepita come disastrosa: la perdita di un partner o di un familiare, del proprio ruolo sociale, del lavoro, la perdita di abitudini di vita per effetto di un cambiamento di città o del pensionamento, la perdita della stima verso di se.

Quando la persona non affronta la situazione inizia a sentirsi sopraffatta e terribilmente triste, lascia che la mente sia pervasa da pensieri negativi su se stessa, sul mondo e sul futuro. Ovviamente quando ci si sente cosi male si ha meno voglia di uscire ed interagire con le altre persone. La mancanza di svaghi e stimoli impedisce al depresso di liberare la mente da una serie di pensieri che “girano attorno” a se stessi rinforzandosi ma anche di valutare con oggettività la situazione da un altro punto di vista e quindi di trovare modi diversi per affrontare il problema. 

Chiudendosi in casa il depresso si focalizza sui propri pensieri distruttivi e non lascia spazio ad altro. Finisce per rimanere rinchiuso in casa a non fare nulla per rimanere ore sdraiato a letto.

La depressione è una trappola a spirale: la persona ha pensieri squalificanti circa se stessa (Sono un buono a nulla), riguardo al mondo (la gente è cattiva e non ci si può fidare) e sul futuro (Sarà sempre così e non cambierà nulla). Si tratta di pensieri che si autoalimentano e portano a sentirsi infelici e disperati. Non facendo nulla di diverso per spezzare questo circolo vizioso tali convinzioni si autoalimentano: “sto proprio male, sono un buono a nulla, nessuno mi capisce e andrà sempre peggio…”; in tal modo la situazione peggiora rispetto al problema che l’ha generata.

Qui è dove risiede l'errore, perché insieme alla perdita di un partner o di un lavoro la chiusura in se porta quella persona a perdere amicizie, occasioni e altri aspetti significativi della vita. Questo circolo vizioso deve essere interrotto per uscire dallo stato depressivo. Per fare ciò si deve necessariamente essere più attivi e proiettati verso l’esterno. Riattivarsi richiede uno sforzo superiore alla tendenza alla demotivazione. Nonostante non si abbia la voglia di uscire e incontrare nuove persone o impegnarsi in attività è importante farlo. Non c'è alcun motivo per cui la motivazione debba arrivare prima dell'azione; piuttosto, la motivazione arriverà da sola dopo aver già cominciato ad agire. Con l’azione il desiderio di fare le cose tornerà sempre più forte. 

Anche se si pensa di aver toccato il fondo e non poter fare nulla al riguardo è necessario fare qualcosa per riprendersi la vita anche se all’inizio può essere davvero faticoso. Solo successivamente andrà affrontato un lavoro cognitivo sulla qualità dei pensieri e sugli errori interpretativi. Le persone depresse vedono “nero” ed interpretano la realtà in modo disfunzionale per ciò andrà effettuata una ristrutturazione cognitiva con l’obiettivo di imparare ad identificare i pensieri negativi automatici, valutarne l'inutilità e modificarli con altri più realistici.

 

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Autore: Dott. Maurizio Sgambati - Psicologo Psicoterapeuta. © Riproduzione vietata.