Toliamore: L’amore che tollera senza parlare

Nel panorama mutevole delle relazioni affettive contemporanee, emerge un concetto tanto silenzioso quanto potente: il Toliamore. Un neologismo che fonda "tolleranza" e "amore", e che descrive una dinamica relazionale in cui l'infedeltà viene accettata - non apertamente, non ufficialmente, ma tacitamente. Non si discute, non si rivendica, non si rompe: si tollera. E si continua ad amare.
Il toliamore ha a che fare con un patto non detto, implicito. Ma toliamore non è poliamore. Nel poliamore, la pluralità relazionale è consensuale, trasparente, negoziata. Nel toliamore, invece, si chiude un occhio. A volte entrambi. È la scelta di chi, pur consapevole di comportamenti extraconiugali del partner, decide di non affrontarli direttamente. Non per ingenuità, ma per preservare ciò che resta: la stabilità, l'affetto, la famiglia, la quotidianità.
È un patto non detto, spesso costruito nel tempo, dove l'amore non è negato, ma adattato. Dove il tradimento non è celebrato, ma sopportato. Dove la fedeltà non è più un assoluto, ma una variabile negoziata nel silenzio.
Da un punto di vista psicologico, il toliamore può essere eletto come una forma di resilienza relazionale. Alcune persone, dopo anni di convivenza, scelgono di non mettere in discussione tutto per un episodio di infedeltà. Non perché non soffrono, ma perché hanno imparato a dare priorità a ciò che funziona: la presenza, la cura, la responsabilità condivisa. È un atto di tolleranza affettiva.
In altri casi, però, il toliamore può nascondere una dipendenza affettiva o economica, ha paura del cambiamento, una difficoltà a riconoscere i propri bisogni. Si tollera per non perdere, per non restare soli, per non affrontare il dolore della rottura.
Nel toliamore il confine tra maturità e rinuncia è sottile. Il toliamore può essere una scelta consapevole, lucida, adulta: riconoscere che l'amore non è perfetto, che le persone sbagliano, che la fedeltà è nell'unico metodo di misura. Ma può anche diventare una prigione silenziosa, dove si accetta troppo, si tace troppo, si perde se stessi.
La chiave sta nella consapevolezza. Chi sceglie il toliamore deve sapere che sta accettando, perché lo sta facendo, e quali sono i limiti oltre i quali la tolleranza diventa negazione di sé.
Il toliamore ci costringe a ripensare l'amore non come possesso, ma come presenza. Non come esclusività, ma come continuità. Non come perfezione, ma come adattamento. È un amore che cambia forma, che si piega senza spezzarsi, che accetta senza celebrare. Ma è anche un amore che deve essere interrogato. Perché tollerare non significa sempre guarire. E amare non significa sempre arrestare. In un'epoca in cui le relazioni si reinventano, il toliamore è uno specchio: ci mostra quanto siamo disposti a sopportare, quanto siamo capaci di perdonare, in quanto siamo pronti a scegliere - non solo l'altro, ma anche noi stessi.

Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone