I segnali silenziosi del disamore verso sé stessi

I segnali silenziosi del disamore verso sé stessi
  • Dr. Maurizio Sgambati
  • 04/10/2025
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C'è un rispetto che non si insegna a scuola, che non si impone con le regole, che non si misura con le buone maniere. È il rispetto per se stessi. Quello che nasce nel silenzio, nei gesti quotidiani, nelle scelte che facciamo - o che evitiamo di fare - per paura, per abitudine, per insicurezza. Eppure, è proprio questo tipo di rispetto che determina la qualità della nostra vita, delle nostre relazioni, del nostro benessere emotivo mancarsi di rispetto non significa compiere atti eclatanti.spesso accade in modo sottile, invisibile, quasi impercettibile. È dire "sì" quando dentro noi urlerebbe un "no". E non mettere confini chiari, lasciando che gli altri invadere i nostri spazi, le nostre energie e il nostro tempo. E' mancare di essere attività, cioè non riuscire a esprimere con chiarezza e fermezza ciò che sentiamo, ciò che vogliamo, ciò che non vogliamo.

Uno degli atteggiamenti più diffusi è quello di giudicarsi con severità. Ci trattiamo con un rigore che non useremo mai con un amico. Ci critichiamo, ci puniamo, ci paragoniamo agli altri, come se il nostro valore dipendesse da una prestazione, da un risultato, da un ruolo.e quando non raggiungiamo le aspettative - spesso irrealistiche - che abbiamo su noi stessi, ci sentiamo inadeguati, sbagliati, insufficienti.

Un altro segnale è la tendenza a mettere bisogno degli altri davanti ai propri. Non per generosità, ma per paura di deludere, di essere esclusi, di non essere amati. Ci adattiamo, ci modelliamo, ci annulliamo. E così finiamo per vivere ruoli e relazioni che non ci rappresentano, che ci svuotano, che ci allontano da chi siamo davvero. Anche le amicizie, in questo contesto, diventano un riflesso di questa dinamica: manteniamo legami che non ci nutrono, che ci fanno sentire fuori posto, che ci chiedono di essere diversi da ciò che siamo.

Il rispetto per se stessi anche la capacità di scegliere con chi condivide il proprio tempo, le proprie emozioni, la propria vulnerabilità. Quando ci adattiamo a relazione che ci fanno sentire piccoli, invisibili o giudicati, siamo tradendo quel rispetto e lo facciamo spesso senza accorgercene, perché ci siamo abituati a pensare che "è normale", che "è meglio di niente" che "non possiamo pretendere troppo".

Ma rispettasi significa proprio questo: pretendere il giusto non dagli altri, ma da noi stessi. Pretendere ascolto, spazio, cura. Significa imparare a dire "no" senza sentirsi in colpa. Significa riconoscere i propri bisogni e dar loro voce. Significa smettere di rincorrere approvazione e iniziare a cercare autenticità.

Rispettasi non è egoismo. È responsabilità. È scegliere di essere fedele a se stessi, anche quando è scomodo, anche quando fa paura. È costruire una relazione sana con la propria interiorità, dove non c'è spazio per l'auto-svalutazione, per l'adattamento forzato.

E se ci accorgiamo di non esserci rispettati abbastanza, non serve giudicarci ancora. Serve fermarsi, respirare, e iniziare a trattarsi con la stessa gentilezza che riserviamo a chi amiamo. Perché il primo amore, quello che dura tutta la vita, è quello che abbiamo - o possiamo costruire - con noi stessi.


Dr. Maurizio Sgambati

Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone

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