Quando le emozioni scottano: la "patata bollente".
Hai presente quella sensazione di disagio che ti prende quando qualcuno ti fa sentire in colpa, ti accusa o ti rimprovera in modo sproporzionato? Oppure quando ti ritrovi a reagire in modo eccessivo, magari con rabbia o sarcasmo, senza capire bene da dove arrivi quell’emozione?
In questi momenti potresti essere dentro una dinamica che in Analisi Transazionale viene chiamata "Patata bollente".
È una metafora semplice ma potentissima: proprio come una patata appena tolta dal forno, che scotta troppo per essere tenuto in mano e viene lanciata via, anche certe emozioni diventano così scomode da dover essere "passate" a qualcun altro. Lo facciamo spesso, senza nemmeno accorgercene. La "patata bollente" rappresenta un'emozione che non riusciamo a contenere: rabbia, vergogna, senso di colpa, paura. Emozioni che ci mettono in crisi, che minacciano la nostra immagine di sé, che ci fanno sentire vulnerabili. E allora, invece di stare con quel sentire, lo proiettiamo fuori. Lo lanciamo, come un oggetto rovente, su chi ci sta vicino. Un esempio classico? Un genitore che si sente inadeguato, ma non riesce ad ammetterlo nemmeno a se stesso. Così, magari, rimprovera il figlio dicendogli che è pigro, inutile, il responsabile. In realtà, sta trasferendo su di lui il proprio senso di fallimento. Il bambino, che riceve questa "patata bollente", finisce per credere che quel giudizio sia vero, e si porta dietro un'emozione che non gli appartiene. L'analisi transazionale (AT), ideata da Eric Berne negli anni 50, ci offrono una chiave lettura molto chiara. Secondo Berne, ogni persona agisce da tre Stati dell'io:
- Il Genitore: interiorizzazione delle figure genitoriali, con atteggiamenti normativi, protettivi o critici.
- L'Adulto: la parte razionale, capace di elaborare i dati e prendere decisioni.
- Il Bambino: la sfera emotiva, che include spontaneità, creatività, ma anche paure e condizionamenti.
Nel caso della "patata bollente", il Genitore Critico e spesso il protagonista: è lui che, non tollerando un'emozione, la proietta sul Bambino Adattato dell'altro. Questo genera una transazione disfunzionale, in cui l'emozione viene "passata" e interiorizzata, creando confusioni identitaria e sofferenza relazionale.
La dinamica della "patata bollente" si intreccia con altri concetti chiave della psicologia:
- Proiezione: meccanismo difensivo in cui attribuiamo ad altri emozioni impulsi che non vogliamo riconoscere in noi stessi.
- Copione di vita: secondo Cloude Steiner, sono sceneggiature inconsce che guidano il nostro comportamento il nostro relazione, spesso apprese nell'infanzia.
- Giochi psicologici: descritti da Berne in "games people play", sono schemi relazionali ripetitive distruttivi, in cui le "patate bollenti" vengono scambiate continuamente.
Queste concetti ci aiutano a capire che la "patata bollente" non è solo un gesto impulsivo, ma parte di un sistema più ampio di difese, ruoli e copioni che perpetuano la sofferenza. Il lavoro terapeutico su questo tema è delicato e trasformativo.si tratta di:
- Riconoscere quando stiamo ricevendo una "patata bollente"- e non farcene carico.
- Esplorare con sincerità quando siamo noi a passarla, perché non riusciamo a stare con la nostra vulnerabilità.
- Costruire un senso di sé più autentico, capace di contenere anche le emozioni più difficili.
Questo significa sviluppare la capacità di restare nell'Adulto: quella parte di noi che può osservare, distinguere, scegliere. Che non reagisce automaticamente, ma si prende il tempo di sentire, capire, decidere tutti, prima o poi, passiamo o riceviamo una "patata bollente". Non è una colpa, è umano. Ma la differenza la fa la consapevolezza. Quando impariamo a riconoscere queste dinamiche, possiamo scegliere di non farci travolgere. Possiamo restare presenti, ascoltare, sentire. E magari, per la prima volta, non lanciare via quella patata… Ma tenerla in mano, respirare, e lasciarla raffreddare.
Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone


