Le 4 fasi della psicoterapia

Le 4 fasi della psicoterapia
  • Dr. Maurizio Sgambati
  • 11/12/2024
  • visite: 78

Lo scopo della psicoterapia è quello di far sì che i pazienti godano di una vita più felice, sviluppando abilità cognitive, emotive e comportamentali sane. Il processo di psicoterapia talvolta può essere davvero lungo, ma quasi sempre produttivo e vantaggioso per il paziente.

Questo processo si sviluppa, fondamentalmente, in quattro fasi: valutazione o anamnesi, restituzione della diagnosi, trattamento e, infine consolidamento della terapia.

Di seguito vedremo, in dettaglio, le 4 fasi della psicoterapia, oltre ad alcuni fattori che influenzano processo e durata. Il processo psicoterapeutico inizia quando il paziente contatta il terapeuta, e termina quando si raggiunge l'obiettivo di cambiamento concordato nella fase iniziale. Le fasi della psicoterapia sono, fondamentalmente, queste:

  1. Valutazione iniziale, o anamnesi, ed orientamento all'approccio più adeguato tenendo conto del problema manifestato e delle caratteristiche della persona (si va dal modello psicanalisti e quello strategico breve passando attraverso una moltitudine di approccio che puntano a lavorare sul "perchè" di un problema e/o sul "come" affrontarlo)
  2. Spiegazione delle ipotesi diagnostiche e pianificazione di un trattamento in base ad un obiettivo concreto, specifico, realistico.
  3. Trattamento.
  4. Consolidamento della terapia (conclusione e follow-up con sedute più distanziate nel tempo).

La durata delle prime due fasi è di solito breve, comprendendo, al massimo, tre colloqui psicologici. Tuttavia, il trattamento stesso e la fase di completamento della psicoterapia possono variare in durata, dato che ogni persona è unica e, inoltre, lo è anche l'approccio terapeutico usato dal professionista. Tra i fattori che influenzano la durata della psicoterapia possiamo trovare:

  • L'aver effettuato precedenti percorsi terapeutici e le consapevolezze già acquisite. 
  • La fiducia nella terapia e la motivazione al cambiamento.
  • Il feeling che si istaura col terapeuta.
  • Il problema psicologico da trattare.
  • La presenza di un disturbo clinico o di personalità, l'intensità dei suoi sintomi e la loro cronicità.
  • Il metodo e l'approccio psicoterapeutico applicato dal professionista.

Per quanto riguarda la frequenza delle sessioni, questa è data dal caso specifico. Come regola generale, le prime sedute di terapia di solito hanno una frequenza settimanale. Si preferisce così in modo che il paziente possa riflettere e applicare l'apprendimento fatto nella fase di trattamento. Nel caso in cui ci fosse una maggiore frequenza delle sedute sarebbe un po' inutile perché non accelererebbe il processo terapeutico. Le sedute durano, in media, circa 45-50 minuti.

1. Valutazione e orientamento

La prima fase è quella di valutazione e orientamento. In questo, paziente e terapeuta stabiliscono il primo contatto, in cui si comincia a costruire l'alleanza terapeutica. In altre parole, è l'inizio della psicoterapia vera e propria, anche se non dell'azione terapeutica stessa. Qui, lo psicologo cerca di raccogliere quante più informazioni possibili sul paziente, in modo da concettualizzare il problema che lo preoccupa.

Questa parte della terapia può essere una situazione scomoda sia per il professionista che per il cliente. Questo è normale, dato che, dal lato del paziente, implica incontrare qualcuno di nuovo, aprirsi a qualcuno che, pur sapendo che è un professionista, è ancora uno sconosciuto. D'altra parte, questa situazione non è nemmeno comoda per lo psicologo, dato che implica decidere se può trattare, o meno, il paziente, o se è più opportuno indirizzarlo ad altro professionista più adatto al suo caso.

Vale la pena notare che la prima impressione da parte del paziente può determinare molti aspetti della psicoterapia. Infatti, il modo in cui avviene il primo contatto può determina se è il caso di portare avanti il processo terapeutico o meno. 

Secondo una ricerca, dopo il primo contatto, tra il 15 e il 17% dei pazienti arriva alla prima seduta e circa il 30% abbandonano dopo la prima o la seconda sessione.

Nel caso in cui il paziente arrivi alla prima consulenza psicologica, lo psicologo determina se un percorso terapeutico sia appropriato a quel paziente. È qui che si può osservare qual è la motivazione del paziente. Anche se può essere strano, ci sono momenti in cui il paziente si rifiuta di vedere i suoi problemi, oppure ne è conscio, ma non ha ancora maturato l'idea di attuare un cambiamento. Questo può accadere soprattutto per quelle persone indotte da altri (parenti, partner) a rivolgersi alla psicologo sotto pressione ma senza alcuna volontà personale.

Nel contatto, il paziente ha la totale libertà di chiedere al terapeuta tutto ciò che vuole sapere: approccio terapeutico, prima idea diagnostica del suo problema, esperienza con persone con il suo stesso problema, competenze psicodiagnostiche...

Se lo psicologo ritiene che il problema a cui si riferisce il paziente rientri nelle sue capacità e competenze diagnostiche, si procede a formalizzare un accordo di "presa in carico" con il quale inizierà a fornire i suoi servizi.

Inoltre, ne adopererà anche per somministrare test diagnostici con l'intenzione di avere un'idea più precisa di ciò che sta accadendo al paziente. Si possono applicare questionari di personalità, di intelligenza, di psicopatologia o quelli che si avvicinano a seconda del problema a cui il paziente ha fatto riferimento.

2. Spiegazione delle ipotesi

Una volta superata la prima parte della psicoterapia, cioè la presa di contatto e la valutazione, si procede alla spiegazione delle ipotesi diagnostiche. Questa fase è breve, normalmente dura una sessione.

Lo psicologo, sulla base delle informazioni ottenute nella fase precedente, presenta al paziente la sua idea di ciò che gli sta realmente accadendo, quali possibili cause possono essere dietro il problema in questione e come dovrebbero essere lavorati. In altre parole, il problema del paziente è stato concettualizzato e tradotto in un linguaggio psicologico. È a questo punto, purché la coscienza del paziente lo permetta, che si decide su quale aspetto si lavorerà durante la psicoterapia.

3. Fase di trattamento

Le due fasi precedenti sono destinate a gettare buone basi per questa terza fase, cioè il trattamento ovvero la fase di vera e propria di azione. È qui che avverrà il progresso e il miglioramento del paziente, ed è la parte fondamentale della psicoterapia, allo stesso tempo la più difficile. È durante questa fase che il professionista dimostrerà le sue capacità tecniche nel trattamento dei problemi psicologici.

L'intenzione di questa fase è quella di far migliorare significativamente il paziente con il passare delle sessioni. Qui si lavorerà su ciò che è stato valutato nelle fasi precedenti, facendo sì che il paziente cambi il suo sistema di credenze, acquisisca comportamenti adattivi e modi di relazionarsi con gli altri funzionali.

Va detto che durante la fase del trattamento possono venire alla luce nuovi problemi, che richiederanno di riformulare la concettualizzazione originale del problema. Inoltre, con la scoperta di questi nuovi problemi, l'efficacia del trattamento può essere maggiore, dato che il terapeuta sarà a conoscenza di più fenomeni che hanno danneggiato la stabilità mentale del paziente.

Poiché nuovi problemi vengono alla luce, è possibile che il paziente si senta peggio di quanto si sentisse all'inizio della psicoterapia. Questo non è un male, al contrario, è un segno che sta diventando consapevole di quali sono i suoi problemi, dell'origine degli stessi. Averli nello spazio della coscienza gli permetterà di avere una migliore capacità di gestione di essi. In questo modo, il paziente acquisirà un maggiore controllo della sua vita.

È frequente che durante la fase del trattamento il terapeuta faccia in modo che il paziente drammatici i comportamenti insegnati nello studio, con l'intenzione di vedere se li ha effettivamente acquisiti. Inoltre, incoraggerà la sperimentazione al di fuori del Setting di terapia per affrontare le situazioni problematiche. E' importante che il lavoro di psicoterapia non sia solo concettuale ma porti a agire nella pratica, nel mondo reale. L'intenzione è che il paziente riesca ad attivare, in modo naturale e adattivo, i nuovi apprendimenti nella vita di tutti i giorni, permettendogli di relazionarsi in modo funzionale con l'ambiente e le altre persone.

Una parte dei pazienti che intraprendono una psicoterapia sono a rischio di abbandono (drop-out). Quando non si nota alcun miglioramento all'inizio della terapia o addirittura si ha la sensazione di peggiorare la metà dei pazienti abbandona la terapia in anticipo.

4. Fase del consolidamento

Una volta raggiunti gli obiettivi fissati nella fase di anamnesi psicologica, arriva il momento di terminare la terapia.

La fine della terapia deve essere fatta gradualmente, poiché altrimenti il distacco dallo psicologo può risultare traumatico e controproducente. E' fondamentale assicurarsi che il paziente abbia fatto abbastanza progressi per riuscire a gestirsi in autonomia.

È importante capire che non si dovrebbe pensare durante tutta la terapia a quando arriverà questo momento finale, per evitare inutili frustrazioni. Ogni persona è unica e così lo è anche la terapia che gli viene applicata. Allo stesso modo in cui alcuni possono richiedere qualche mese per vedere grandi miglioramenti, altri avranno bisogno di diversi anni per avere benessere e, alcuni, a causa della loro psicopatologia, richiederanno un trattamento a vita.

Può anche essere che la fine della terapia con uno psicologo non sia la fine della psicoterapia. A volte, i pazienti credono necessario cambiare terapeuta quando pensano di aver raggiunto un limite con uno. Questo può essere dovuto o perché non si è a proprio agio con il terapeuta o che il terapeuta ha già fatto tutto quello che poteva per quel paziente. C'è anche la possibilità di finire la terapia con un professionista e, in futuro, di tornare alla prima consultazione. Per porre fine alla terapia, devono essere rispettati i seguenti punti:

  • Il paziente ha migliorato e soddisfatto gli obiettivi fissati.
  • Il paziente ha acquisito abilità che sa usare al di fuori della terapia.
  • Si notano cambiamenti nei modelli relazionali del paziente.

Se si ritiene che questi punti siano stati soddisfatti, inizierà la conclusione della terapia. Questo non vuol dire che, una volta concluso, il paziente e lo psicologo non possano ristabilire un contatto in futuro. Ci sarà sempre un periodo di follow-up, in cui il terapeuta si assicura che il paziente stia bene, ma dandogli sempre più autonomia. Il follow-up non sarà più effettuato nel caso in cui ci siano abbastanza motivi per pensare che il paziente abbia raggiunto la piena autonomia e un modello relazionale pienamente sano.


Dr. Maurizio Sgambati

Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone

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Iscritto all’Ordine degli Psicologi del Friuli Venezia Giulia col n. 787 dal 10-09-2005
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