Le fobie sono paure estreme, irrazionale e sproporzionate per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia e con cui gli altri si confrontano senza particolari tormenti psicologici. Chi ne soffre, infatti, è sopraffatto dal terrore all’idea di venire a contatto magari con un animale innocuo come un piccione o una lucertola, o di fronte alla prospettiva di compiere un’azione che lascia indifferenti la maggior parte delle persone (ad esempio, il claustrofobico non riesce a prendere l’ascensore o la metropolitana). Le persone che soffrono di fobie si rendono perfettamente conto dell’irrazionalità della propria paura, ma non possono controllarla.
La fobia può esprimersi con sintomi fisiologici come tachicardia, vertigini, extrasistole, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza… il tutto può indurre un attacco di panico.
la fuga dall’oggetto e/o dalla situazione temuto/a è, ad uno sguardo superficiale, la scelta meno dispendiosa in termini di energia e la più semplice: con la paura si sta male e si desidera una cosa sola: fuggire! Scappare è una strategia di emergenza. In realtà, tolti i benefici temporanei, questa fuga è controproducente e costituisce una micidiale trappola: ogni nuovo evitamento, infatti, conferma al nostro inconscio la pericolosità della situazione evitata e “prepara” l’evitamento successivo (in termini tecnici si dice che ogni evitamento rinforza negativamente la paura). Tale spirale di progressivi evitamenti produce l’incremento della sfiducia nelle proprie risorse, ma soprattutto della reazione fobica della persona, al punto da interferire significativamente con la normale routine dell’individuo, con il funzionamento lavorativo o scolastico oppure con le attività o le relazioni sociali. Il disagio diviene così sempre più limitante (questa è la principale discriminante tra una ‘semplice’ paura e una fobia, ossia il fatto che la seconda è in qualche modo invalidante!!): chi ha la fobia dell’aereo può trovarsi, ad esempio, a rinunciare a molte trasferte, e la cosa diventa impossibile se è necessario spostarsi per lavoro; chi ha la fobia degli aghi e delle siringhe può rinunciare a controlli medici necessari o privarsi dell’esperienza di una gravidanza; chi ha la fobia dei piccioni non attraversa le piazze e non può godersi un caffè seduto ai tavolini di un bar all’aperto e così via.
Esistono tecniche psicoterapeutiche brevi che fanno ottenere buoni risultati in tempi brevi: la persona non raggiunge la consapevolezza del “perché” ha sviluppato quel sintomo e dell’origine del disturbo, ma può tornare a vivere e, successivamente, con mente più lucida, potrà – se lo vorrà – dedicarsi all’analisi del problema risolto.
Fast phobia technique: parte dal presupposto che non è l’oggetto in sé che procura panico, ma il nostro pensiero che noi abbiamo su di esso, la nostra “immagine mentale”, che non sempre corrisponde alla realtà, ma che ha un enorme potere sulla mente, scatenando reazioni specifiche analoghe a quelle provate con esperienze reali.
Facciamo un esempio: se abbiamo la fobia degli ragni, il solo pensiero di vedere un ragno su un muro ci fa accelerare il battito cardiaco e ci genera sensazioni di forte disagio. Vuol dire che il modo in cui abbiamo “pensato” al ragno ha “comunicato” al nostro cervello di attivare la reazione chimica del “panico”. Sappiamo razionalmente che è inutile provocarsi tali sofferenze solo all’idea di vedere un ragnetto innocuo sul soffitto. Ma esserne consapevoli razionalmente non è sufficiente per impedire al nostro cervello di attivare la reazione del “panico”.
La differenza dunque va sempre ricercata nel modo in cui pensiamo, cioè le caratteristiche delle immagini, dei suoni e delle sensazioni associate ad una specifica esperienza: l’obiettivo di questa tecnica è dunque quello di cambiare le ‘submodalità’ che caratterizzano la ‘ fobia, in modo tale da dare nuove istruzioni al cervello così che si rappresenti l’esperienza in modo diverso, cioè attraverso immagini e suoni che non procurino più sensazioni di panico.
Si procede in questo modo:
- Individuate una paura nella vostra vita. Suggerirei di partire da cose piccole!
- Immaginate di camminare in una sala cinematografica fino a sedervi in prima fila.
- Immaginatevi galleggiare fuori dal vostro corpo e sedervi comodamente in una poltroncina posta in altro, come se foste su un palco o un balcone, in modo da poter osservare se stessi mentre si sta guardando lo schermo.
- Fate comparire la vostra paura sullo schermo sotto forma di una diapositiva colorata. Seguite il filmato fino alla fine, fin dove vi porta l’immaginazione, sempre restando comodamente in alto, ben distanti dalla scena.
- Alla fine del film, “congelate” la diapositiva. Modificate l’immagine in bianco e nero e poi fate scorrere il filmato all’indietro a velocità tripla o più veloce, procedendo sino all’inizio.
- Terminate facendo diventare bianco lo schermo.
- Ripetete i punti 3 e 6, se necessario. Ogni volta che lo eseguite dovreste avere meno timore e meno ansia.
Autore: Dott. Maurizio Sgambati - Psicologo Psicoterapeuta. © Riproduzione vietata.